Qualsiasi cosa ci venga negata, ci attira. Come se fossimo attratti dal difficile, da quello che non possiamo avere. Siamo fatti così.
Da insegnante negli anni ho capisco che, più che proibire, bisogna portare il bambino vicino al pericolo, mostrargli la gravità e le potenziali conseguenze a magari anche fargliele sperimentare, in modo che lui capisca e scelga autonomamente di non avvicinarvisi più. Perchè se ti avvicini sei fregato. Giocare con la tentazione è come divertirsi a seguire la corrente del mare che ti allontana dalla riva. “Ancora un metro – dici – tanto ce la faccio a tornare indietro. Mi spingo solo un po’ più in là. Un altro po’”. Di po’ in po’, però, ti ritrovi in mare aperto, con la corrente della tentazione sempre più forte. E indietro non ci torni più. Puoi solo sperare che arrivi una barca a riportarti a terra, dove avevi lasciato i valori che contano. Stiamo lontani dalle tentazioni, va. Guai a colui che le provoca. Perchè siamo fatti di carne, siamo deboli. Nella nostra natura, come si vede dai bambini, c’è la tendenza a trasgredire. E più si diffonde questa tendenza al proibito, più la si rende naturale o ci si illude che sia così, sfracellandoci contro la verità opposta.
Temptation Island, ragazzi. Siamo nell’epoca di Temptation Island, il gioco televisivo in cui si deve resistere alle tentazioni. E quando si cede? Tutto normale, tranquilli. Nasce una nuova coppia, buona per le pagine dei settimanali. Lui e lei carini e coccolosi che sembrano un modello di felicità. Secondo me, però, ciò che si fonda sull’infedeltà tende a tornare là dove è cominciata, a una nuova tentazione. Sgretolandosi.
Il programma di Italia 1 mi fa venire voglia di produrne uno opposto: “la casa sulla roccia” (se avete un titolo migliore, suggerite pure), perchè solo ciò che è fondato sulla roccia resiste alle tempeste della vita.
( questa riflessione che ho fatto mia, è di Legrottaglie, credo rispecchi in pieno il momento storico in cui viviamo)