Difficile, di fronte a tanta tragedia, usare il catastrofico scontro tra i due treni in Puglia come metafora di qualcosa che va oltre. Ma ci proviamo, sperando di non scalfire la discrezione e il rispetto verso il dolore di molti.
Andria è la metafora di un modo di essere di questa società, di una ideologia imperante, del tradimento di certa politica che ha progressivamente cancellato i suoi riferimenti sociali, deludendo attese e speranze che era chiamata a interpretare.
L’IMPERATIVO DELLA VELOCITÀ ASSOLUTA. Andria è la metafora di un sistema economico che ha sempre più strutturato i suoi rapporti di produzione al servizio delle élite, e con essi anche il suo modo raccontarsi. Il tutto alimentato dall’ansia di prestazione tipica della post modernità, dove il tempo e la sua rappresentazione obbediscono all’imperativo della velocità assoluta.
Tutto deve essere veloce: i treni, la movimentazione dei soldi, i consumi, i rapporti umani, per non parlare di internet, che consente la simultanea connessione a moltitudini di persone che spesso non hanno niente da dirsi.
Veloci, velocissimi, con in testa l’idea che fermarsi, prendersi una pausa, sia sinonimo di esclusione.
La vicenda dei treni è emblematica: si muore sul binario di una linea periferica dove i sistemi di allarme si fondano sulle telefonate tra due capistazione, un po’ come una volta ai passaggi a livello l’arrivo di un convoglio vedeva i casellanti uscire e abbassare manualmente le sbarre.
Eppure su quei vagoni che si sono schiantati era rappresentata l’Italia che lavora, studia, resiste con tenacia e fatica a una crisi che ne impoverisce le tasche e lo spirito.
Peccato abbia l’inguaribile difetto di essere maggioranza silenziosa, che non partecipa alle magnifiche sorti e progressive di un Paese lanciato verso non si sa quale radioso futuro, che non ha voglia di dover sempre competere per essere ascoltata.
LA POLITICA INTERESSATA SOLO ALLE ÉLITE. Quella maggioranza è diventata un corpo morto della società, ed è buona solo per qualche tirata retorica e populista di una politica che serve gli interessi di pochi, dunque non i suoi. E per la quale è decisamente meglio salvare dei banchieri incapaci e ladri piuttosto che degli anonimi pendolari per di più di una parte del Paese storicamente dimenticata.
Questa è la cruda verità.
E nei panni di un partito politico, magari di sinistra, magari ancora minimamente consapevole dei suoi antichi afflati, è da lì che bisognerebbe ripartire. E rifondare.
Forse non c’entra niente, forse suona irrispettoso, ma la tragedia di Andria è un’ulteriore riprova del perché l’enfasi renziana si è sgonfiata, e il suo racconto del mondo è apparso surreale. Quel racconto non parla alla gente che stava su quel treno, ma è buono per una élite dominante che già vive sulla sua rendita di posizione cercando, avidamente, di incrementarla.
C’è tutto un mondo, largamente maggioritario, che non ha più voce. Che non scambia vivere per competere.
E non si può pensare di dargliela per qualche ora solo quando va a morire sul binario di un treno.