Non sono le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie”: Umberto Eco nel suo libro Numero Zero (Bompiani, 2015) prendeva in giro il mondo del giornalismo sottolineandone l’azione a volte strumentale e altre volte paradossalmente effimera. Leggendo il report “Prime pagine e buone notizie” del movimento “Mezzopieno” emerge che i giornali, oggi, scelgono di fare prevalentemente “notizie negative”. È emerso che i titoli percepiti come negativi sono i più diffusi, con una percentuale del 40%, seguiti da quelli neutri/ambivalenti (il 37%) e da quelli positivi, che costituiscono il 23% del totale. Dal confronto fra le testate emerge che, a parità di periodo, esistono differenze fra un quotidiano e l’altro nel rapporto fra le tipologie di titoli. Avvenire è il quello che più di tutti fa uso di titoli positivi, mentre la Stampa detiene il record di quelli negativi. La Repubblica e il Corriere della Sera mostrano un bilanciamento fra titoli neutri/ambivalenti e titoli negativi, mentre Il Fatto Quotidiano è quello che propone meno notizie positive e il maggior numero di notizie ambivalenti. Inoltre, è emerso che la politica è la categoria più rappresentata (oltre un quarto dei titoli), seguita dalla cronaca (17%), dagli esteri (12%) e dall’economia (11%). La cultura (musica, spettacolo e arte) occupa il 17% dei titoli ed è questa l’area che presenta la maggior percentuale di buone notizie.
Credo che questi dati possano racchiudere bene quello che il giornalismo sta diventando e la sua utilità nell’era delle notizie in rete . Del resto in tutto il mondo il giornalismo sta attraversando un’era di incertezza. Non è ancora chiaro quale sarà il modello di business del mercato editoriale, e questo sta accadendo proprio in un momento in cui l’informazione è una questione centrale nella vita delle persone. La pandemia da Coronavirus ha messo in luce due dimensioni. I cittadini confinati a casa hanno consumato molte più notizie per restare aggiornati sulle implicazioni del Covid-19, ma questo è avvenuto in una modalità strana non libera dalla proliferazione di fake news e informazioni non verificate.
Addio giornalismo tradizionale? sembrerebbe che oggi vada di moda quello partecipativo.
Il giornalismo partecipativo è concepito per favorire la partecipazione attiva dei lettori, e quindi dei cittadini comuni che vengono direttamente coinvolti nel processo di raccolta, reporting, anali e diffusione di informazioni e notizie tramite l’ausilio della Rete. Nessuna redazione, infatti, può avere migliaia di corrispondenti in ogni città. l Citizen Journalism rende quindi possibile la moltiplicazione delle fonti delle notizie nel mondo: videocamere e smartphone collegati al web, in mano ai cittadini, sono strumenti importanti. Chiunque quindi può essere giornalista e chiunque può, grazie alla tecnologia di cui tutti disponiamo oggigiorno, riportare notizie e documentare avvenimenti. Attenzione però a non giudicare con gli stessi parametri i GIORNALISTI tradizionali, dai comunicatori che per passione o egocentrismo , a volte anche bravi, pubblicano sul web qualsiasi cosa. I primi hanno studiato, seguono regole, hanno o dovrebbero avere una deontologia per questo giudicati e a volte condannati, I secondi nascondendosi dietro la passione, l’hobby e il divertimento di diventare protagonisti per un minuto possono tutto. Una linea sottile che