Da oggi i ⅔ dei giocatori che militano in club inglesi perdono i requisiti necessari a ottenere il permesso di soggiorno e lavoro nel Paese. I calciatori che oggi sono considerati comunitari, infatti, cessano di esserlo e per loro andranno applicate le stesse regole che oggi valgono per gli extracomunitari. Oggi un calciatore che non fa parte della Comunità Europea può essere ingaggiato da una squadra inglese solo se ha disputato almeno il 75% di partite ufficiali negli ultimi due anni con la Nazionale maggiore del suo Paese (che deve essere collocata non oltre il 70° posto del ranking FIFA). In assenza di questi requisiti, l’eventuale tesseramento passa al vaglio di una commissione federale, la quale ha il compito di stabilire se il calciatore in questione è di altissimo livello o meno e se è in grado di contribuire in modo significativo allo sviluppo del gioco del calcio nel Regno Unito. A meno che la Federazione inglese non cambi il proprio regolamento, lo scenario dovrebbe essere questo. Gli unici a trarre beneficio da questa situazione sono i giovani e bistrattati talenti inglesi, che finalmente riusciranno a ritagliarsi uno spazio nei propri club.Ma il fatto che tutte le 20 società della Premier League abbiano espresso il loro parere favorevole al remain fa senz’altro intuire da che parte tira il vento. Secondo un filone di pensiero, con luscita dall’Europa la Federazione inglese potrebbe anche approfittarne per imporre una quota fissa di giocatori extra-comunitari autorizzati a entrare in Inghilterra. Un modo per difendere i vivai nazionali.